Io gioco, tu giochi,
lo Stato incassa

Arturo Doilo

Che lo Stato sia tutt'altro che liberale, lo andiamo spiegando sin dagli esordi di questa rivista. Che, però, sia anche tendenzialmente un monopolista è bene ribadirlo ogni volta che l'occasione ce lo concede.
E l'occasione ultima è data da un paio di proveddi-menti adottati dal governo italiano, che sull'onda del successo economico del "Superenalotto" ha scelto, grazie al ministro delle Finanze Ottaviano Del Tur-co, di far partire dal giugno prossimo, il "Bingo", ovvero una specie di tombola rivisitata, che "dovrà riaccendere la passione degli italiani per il gioco, che ultimamente è andata progressivamente spe-gnendosi, provocando una non indifferente flessione delle entrate dello Stato".
Inizialmente saranno 420 le sale che ospiteranno i giocatori, i quali con tremila lire potranno acquistare una cartella e sognare di diventare, magari come succede negli Stati Uniti, miliardari. Nella versione tricolorita, però, il "Bingo" non prevede l'uso di fagioli per coprire i numeri delle cartelle e l'estrazione non avverrà tra luci di alberi natalizi e rumore di torrone sgranocchiato; ma il principio sul quale il gioco si basa è lo stesso.
"Libero", il quotidiano diretto da Vittorio Feltri, ha titolato, a proposito della scelta dei comunisti di dare il via al nuovo gioco, "Odiano i capitalisti però amano il capitale". Giusto. Un grande affare di Sta-to, insomma, che ha ottenuto il beneplacito persino del ministro del Tesoro Vincenzo "dracula" Visco.
Oltre al "Bingo", però, "la banda di Palazzo Chigi" ha pensato bene di inventarne un'altra.
Così, dal 7 gennaio scorso, ha preso il via il "Totobingol", quarto concorso a pronostici del Coni, che sarà abbinato alla trasmissione di Raiuno Do-menica In. Gli scommettitori dovranno indovinare i quattro primi gol e gli ultimi tre delle prime sei par-tite inserite nel Totocalcio: "E' un gioco solo in apparenza complicato - ha sottolineato il presidente del Coni, Gianni Petrucci - Ci auguriamo che venga giocato anche da chi di calcio non è appassionato".
Gran bell'augurio. Così, notiamo che sia i protago-nisti dello Stato che quelli del parastato sperano che siano in molti a giocare le nuove "partite" della for-tuna.
Ora, mentre gli statalisti di professione, con una mano, si ingegnavano ad inventare nuovi strumenti per arricchirsi, con l'altra hanno, indefessi, conti-nuato la loro "battaglia moralista" (e ipocrita ov-viamente) per evitare che "le famiglie si possano rovinare con il gioco". E nel mirino, ovviamente, sono finite tutte le bische clandestine sparse lungo la penisola.
E qui, però, viene al pettine il nodo della questione. Delle due l'una insomma: non si capisce perché se una persona decide di rovinarsi col "Bingo" di Stato è giusto e doveroso incitarlo a giocare,anzi augurar-gli "buon gioco"; se, invece, la stessa persona (fors'anche perché si fida di più, visto quanto hanno insegnato i casi dei "Gratta e vinci" mai pagati di Curno) decide di "investire" i suoi quattrini con il "Totonero" o i "Videopoker" viene considerato un malato e un irresponsabile. Una persona da curare.
Questo "doppiopesismo" non ci convince per nulla e crediamo, invece, che ciò che più infastidisce lo Stato non è il fallimento economico di un individuo, ma la perdita di entrate dovute alla concorrenza fra "imprenditori del gioco", laddove il privato, ancora una volta, si mostra più onesto ed efficiente del mi-gliore dei ministri.
Ancora una volta insomma, preferiamo stare con Block, il quale ci ha insegnato a difendere l'indifendibile. E l'unico per noi davvero indifendi-bile è lo Stato: una pessima finzione.

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