Edgardo Sogno (con Aldo Cazzullo)
TESTAMENTO DI UN ANTICOMUNISTA

Dalla Resistenza al Golpe Bianco
Mondadori, 2000, Milano
Lire 28.000

La Torino fascista e quella antifascista, la guerra di Spagna, la Resistenza, l'anticomunismo militarnte degli anni Cinquanta. E il progetto di un'azione politico-militare - definita dal protagonista "colpo di Stato liberale" - che avrebbe dovuto tagliare fuori comunisti e fascisti e fare dell'Italia una Repubblica presidenziale.
Edgardo Sogno racconta. Nelle lunghe conversazioni con Aldo Cazzullo, cominciate nella primavera del 1999 ed interrotte dalla morte, nell'agosto 2000, uno dei personaggi più singolari del Novecento (forse perché legato a valori ottocenteschi) ricostruisce. attraverso un vivace contraddittorio, il suo percorso umano e politico e molte delle vicende italiane dell'ultimo secolo viste dal fronte antifascista e anticomunista.
Racconta l'amicizia con re Umberto e Luigi Cavallo, Ferruccio Parri e Vittorio Valletta, con Randolfo Pacciardi e Giancarlo Pajetta; i rapporti con il capo della Cia Allen Dulles e quello dei servizi britannici John McCaffery; la collaborazione con Mario Scelba, gli incontri con Charles De Gaulle, gli scontri con Luciano Violante. E rivela le circostanze e i nomi di generali, magistrati, politici con cui progettò il "golpe bianco" degli anni Settanta. Senza rinnegare nulla; anzi rivendicando il suo "credito con il paese" nella lotta al comunismo e proclamando che "la guerra continua".

Io, teorico di un golpe di sogno

L'Italia è il Paese del golpe teorico. A quanto pare, durante la Repubblica è tutta una elucubrazione del e sul golpe, di sinistra e di destra. Ma il golpe realizzato, con o senza successo, è il grande assente. Meglio così. Ciò che più s'avvicina, nella realtà, è forse l'azione armata delle Brigate Rosse. Edgardo Sogno, nel suo libro postumo, che sta per uscire da Mondadori, sostiene che, come golpista, io possiedo "una buona dose d'imprevedibilità". Tuttavia non sono mai stato un brigatista rosso. Furono i brigatisti rossi a occuparsi di me, di nuovo in modo teorico. Scrissero sui muri dell'università: "Al professor Ricossa noi scaverem la fossa". Invece non mi toccarono. Edgardo Sogno mi pone però fra i suoi seguaci iniziali, nel putsch teorico del 1974.
Sempre sul piano teorico, e se si vuole anche sul piano morale, non sono contrario a un golpe che sia un controgolpe. Se per esempio i comunisti (guarda caso: i comunisti) iniziano un golpe in Italia, per uccidere la libertà, arte in cui sono bravissimi, mi piacerebbe che qualcuno fra gli italiani non aspettasse l'arrivo degli americani per resistere con un controgolpe. Non si può essere tolleranti con gli intolleranti. D'altronde perfino la Chiesa (cattolica) ammette il tirannicidio, o lo ammetteva (pure la Chiesa possiede una buona dose di imprevedibilità). Quale sarebbe la mia parte nel controgolpe? Non sono un uomo d'azione, sono uno studioso, il classico topo di biblioteca. Non sarò mai un eroe. Al contrario, Sogno era (beato lui) sia un uomo d'azione sia uno studioso. L'ho spesso invidiato per questo. Era un eroe riconosciuto (medaglia d'oro della Resistenza). Quando ero con lui, visto che mi onorava della sua amicizia, mi sembrava di essere con d'Artagnan. A vederlo, non sembrava subito quello che era. A sentirlo, non lasciava dubbi. Sapeva raccontare, e i suoi racconti mi affascinavano. Ci metteva, oserei dire, tutto l'ardore che mio padre infilava nei suoi racconti di caccia. Ma Sogno, a differenza di mio padre, non cacciava le lepri: cacciava i cattivi tedeschi e i cattivi fascisti. Mio padre, lo so, ogni tanto esagerava per colorare meglio la narrazione. Supponiamo che anche Sogno ogni tanto esagerasse: lo rimproveriamo per questo? Assolutamente no. Eroe era e eroe resta. Ricordo quando mi invitò a un ricevimento nel suo appartamento di Torino, ricordo quando mi si avvicinò e mi propose, senza preamboli, di fare il ministro del Tesoro (o il ministro delle Finanze?) nell'eventuale golpe. Era un gioco di società o parlava sul serio? Credo l'una e l'altra cosa. In ogni caso, per formare un governo liberale appena decente, doveva invitare a entrarvi tutti i suoi amici. Nel 1974 (se questa è davvero la data: non ricordo) i liberali libertari erano pochi, pochissimi. Quasi introvabili, se in più si pretendeva da loro qualche dote politica.
Dissi di sì, assai divertito. Avevo già il programma in testa: dimettermi da ministro subito dopo avere abolito tutte le imposte e tasse, subito dopo avere restituito ai contribuenti il denaro nella tesoreria dello Stato. Sapevo che, se non mi fossi dimesso, mi avrebbe cacciato lo stesso Sogno, o i militari suoi amici, che di denaro pubblico hanno sempre bisogno. Caro Sogno, quanto mi manchi...
Tu sei l'unico che mi abbia offerto la possibilità (teorica) di realizzare un'utopia libertaria. E me l'hai offerta a tuo rischio e pericolo. Perché il giudice Violante aveva te nel mirino, io immagino fossi per lui insignificante, forse uno sconosciuto. Tu hai un posto onorevole assicurato nella storia d'Italia, io no.
Chissà se Violante avrà un posto? Quale posto?

Sergio Ricossa

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